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Il mestiere del controller è strano, per una serie di motivi. Non tanto per le sue specificità tecniche quanto per il percorso che i controller attraversano e l’ambiente nel quale si ritrovano ad operare. I percorsi sono i più variati, ci sono controller che arrivano dal mondo finance, altri dalla produzione o acquisti, altri ancora dalle funzioni commerciali. Questa diversità di provenienze secondo me è una grande ricchezza, una biodiversità culturale se così si può dire, ma spesso fa sì che i controller si siano auto-formati al di fuori di qualsiasi strategia organizzativa.
Il secondo motivo per cui il mestiere del controller è strano secondo me sta nel fatto che l’ambiente nel quale i controller si trovano ad operare è tutto fuorché regolato da paradigmi e best practice. Ogni azienda ha un sistema di controlling che in massima parte è un abito su misura, quasi tutti i controller vivono un mondo nel quale mancano punti di riferimento.
Personalmente ho avuto esperienze molto positive in progetti di controller coaching. Spesso dopo una consulenza nel controllo di gestione il cliente si affeziona a me e mi chiede di rimanere come controller, da “esterno”. Il cliente che ha un sistema di controlling nuovo ed articolato magari ha timore ad affidarlo ad un giovane, ma a volte l’investimento per reclutare un controller più navigato appare troppo alto.
Il controller coaching è l’uovo di colombo. Consente innanzitutto di abbassare la soglia dell’investimento per l’inserimento di una nuova risorsa: non serve un “lupo di mare” se per un periodo il neo – controller viaggerà affiancato ad un coach. Anche in casi poi di un “restyling” di posizioni già esistenti il ritorno è assicurato, il coach in questo caso lavora sui punti di miglioramento facendo in modo che il potenziale delle persone che lavorano al controllo di gestione si esprima con la massima efficacia rispetto alle esigenze dei clienti interni.
In sintesi per i neo-controller i punti di lavoro sono : 1) orientamento, 2) inserimento “sponsorizzato” nella rete delle relazioni aziendali, 3) focus sulle esigenze dei clienti interni, 4) training + clinic personali sulla presentazione delle informazioni, l’interazione con i colleghi etc.
Per una “seconda giovinezza” di controller esistenti i punti di lavoro diventano: 1) orientamento, 2) promozione personale e della cultura del controlling nell’organizzazione 3) ridefinizione delle esigenze dei clienti interni, 4) focus training sulle carenze professionali e personali, 5) raccolta di feedback dai clienti interni 6) elaborazione di azioni di miglioramento.
Come ogni attività di coaching anche questa richiede un profilo di grande sensibilità e soprattutto di rispetto per le persone e le realtà professionali che ne beneficiano. Al primo sentore di “riciclaggio” di formule che hanno funzionato altrove, o peggio se l’attività di coaching viene percepita come un “commissariamento” motivato dalla scarsa fiducia da parte dell’azienda, il progetto perde ogni motivo di esistere. L’azienda si ritroverà a spendere soldi inutilmente e , passata la stagione del coach, le persone torneranno alla quotidianità probabilmente sfiduciate verso azioni di miglioramento.
Nei recenti giochi paralimpici abbiamo avuto la possibilità di ammirare , in diverse specialità, il ruolo delle guide. Il senso del controller coaching è profondamente legato a queste figure. Sono atleti come quelli in gara, permettono agli atleti di esprimere il loro potenziale, hanno la piena fiducia da parte degli agonisti, tanto da salire sul podio con essi.
Per essere delle buone guide dobbiamo però ricordare che pochi metri prima dell’arrivo lasciano l’elastico che li lega agli agonisti, lasciando a loro l’onore del traguardo.
Financial controller’s job is pretty strange, for several reasons. The matter isn’t really related to specific skills, but the path financial controllers follow and the ambient where they find themselves. The paths are very differentiated, some controllers are coming from the finance world, others from operations, somebody has an experience in sales departments. I consider all that diversity as a richness , a sort of cultural biodiversity , but quite often it produces self-taught controllers outside any organizational strategy.
The second reason why financial controlling is a strange job is related to the fact that the ambient where controllers operate is all but ruled by paradigms and best practices. Any company has its own controlling system, that to a very large extent is customized, and therefore controllers are working in a world lacking of reference points.
Personally I’ve had very positive experiences in project as controller coach. After a consultancy project in financial controlling field I’m frequently asked by the customer to continue my collaboration as controller, maybe from the outside as a consultant. The client that has a brand new budgeting and reporting system maybe is afraid of leaving it in the hands of a too young guy, but sometime the investment to hire an experienced controller appears unaffordable.
Contoller coaching is a brilliant solution. First of all it allows to lower the threshold to acquire a new resource: in the end you don’t need an “old sea wolf” if for a period of time the rookie will sail flanked by a coach. Even in cases of “restyling” of existing positions the ROI is for granted: in this case the coach will work on improvement issues, letting people from the financial department express their potential , consistently to internal customers needs.
To sum up for new positions the working plan is: 1) orienteering, 2) sponsored connection inside the company’s personal network, 3) focus on internal customers needs, 4) personal training + clinic on information presentation, interaction with colleagues etc.
For a “second youth” of existing positions the working plan becomes: 1) orienteering, 2) personal promotion and controlling culture diffusion across the company, 3) redefinition of internal customers needs, 4) focus training on personal and professional weakness points, 5) feedback collection from internal customers, 6) planning of improvement actions.
Like any coaching activity requires a coach inspired by a great sensitivity and, most of all, respect for people and professional realities . At first scent of “recycling” of formulas that worked elsewhere, or even worse if the coaching activity is perceived as a “compulsory administration” , the project loses any sense. The company will end up spending money purposeless and, once the coach season will be gone, people will return to their “good old “ (maybe wrong) ways of doing things, probably having loose any confidence in improvement actions.
The recent London Paralympics Games gave us an opportunity to admire , in different categories, the role of guides. The meaning of controller coaching is deeply related to those figures. They’re athletes like the racers, they allow performers to express their potential, they are fully trusted by guided racers, so that they stand on the podium by them.
But to be a good guide we must keep in mind that just before the arrival they let go the rubber that connect them to the racer, leaving to them the finishing line honour.